Enzo Vetrano e Stefano Randisi
dall’opera di Nino Martoglio
regia Enzo Vetrano e Stefano Randisi
con Antonio Alveario, Laura Buccheri, Margherita Smedile, Maurizio Puglisi, Vincenzo Tripodo
scene Mariella Bellantone
costumi Francesca Cannavò
luci Giuseppe Ardizzone
realizzazione scene Soqquadro
realizzazione costumi Clap
foto di scena Michele Lotta 
assistente alla regia Valentina La Motta 
collaboratore luci Fabio Rossi
organizzazione Maurizio Puglisi
musiche Chopin, Waits, Garbarek, Lieber, Bregovic
produzione (1997)
in collaborazione con Diablogues 


Note di regia

Il progetto che abbiamo elaborato, di cui Martogliata è il primo momento spettacolare, prevede uno  studio sulla produzione teatrale e letteraria di vari autori siciliani: una visione trasversale che colga attraverso scene teatrali, frammenti narrativi, poetici ed elementi biografici, il filo rosso che dal cuore di un artista porta al suo pubblico. Il suo pubblico, quello per il quale scriveva, che apparteneva a un determinato contesto storico, sociale e culturale, il pubblico al quale quell’autore voleva raccontare le sue storie, le sue riflessioni, le sue inquietudini e le sue intuizioni. Niente di casuale, dunque, o di semplicemente istintivo, nel linguaggio usato a questo scopo, ma anzi una drammaturgia precisa, mirata a far comprendere, attraverso l’emozione, il dramma o la comicità, una vita vissuta contemporaneamente da lui e dal suo pubblico. E in molti casi, come appunto quello di Martoglio, la perizia e il talento riuscivano a far compiere questa simbiosi. Dopo un lungo e approfondito studio sull’amplissima produzione teatrale, poetica letteraria e giornalistica di Nino Martoglio, in un continuo gioco di rimandi tematici e tipologici, la nostra attenzione si è concentrata su sette opere teatrali e su alcune poesie che abbiamo utilizzato come griglia drammaturgica dello spettacolo. Di grande aiuto c’è stata anche la prefazione a Centona scritta da Luigi Pirandello, dalla quale abbiamo appreso, tra l’altro, della tragica fatalità che ha dato la morte a Martoglio. “Così, per uno sciagurato incidente, aprendo per sbaglio una porta che dava in un baratro e cosa di tale crudeltà che veramente fa disperare e inorridire”. Quella porta ci è rimasta impressa e nella nostra memoria si è sovrapposta alla “comune” che sempre, nei suoi testi teatrali, è ben presente sulla scena. L’abbiamo voluta in evidenza, quella porta, come unico elemento scenografico del nostro spettacolo a segnare il passaggio da un “interno” a un “esterno” (o viceversa, se si vuole) dell’intimità di uno stato d’animo personale, nascosto, alla necessità di mettersi in contatto con gli altri per esprimere, comunicare, chiedere e raccontare. E allora una folla di personaggi comici, tragici, grotteschi, delicati o fortemente caricati, tutti i sogni, tutti i desideri, sono obbligati a passare da quella porta per entrare o uscire di scena, senza che per questo scompaiano necessariamente alla nostra vista. E le loro parole, in quel dialetto quasi dimenticato che torna ad essere lingua viva sulla scena, si innalzano al di sopra del limite geografico, che le vorrebbe comprensibili solo da siciliani, diventano universali, come universali sono le maschere che queste parole pronunciano. Abbiamo avvicinato personaggi di diverse commedie, li abbiamo fatti convivere in attori-maschere che ne compendiassero il carattere , la psicologia, il modo di essere e di pensare, e ci siamo accorti che  Nica e la Rosa di “Scuru”, Zu Masi e Don Cosimu, le Cicche Stonchiti di varie commedie, Don Procopio Ballàcheri e Messer Rapa, potevano essere espressi da uno stesso corpo e una stessa voce (come del resto era logico nelle Compagnie di “repertorio”), ma andando oltre, mescolando nella stessa azione scenica le loro storie e le loro parole. Via i cliché, i quadretti popolari, il folklore per dare spazio ad atmosfere surreali, oniriche, ma spezzate o ricucite da drammi concreti, emozioni forti e vitali. Ne è venuta fuori una commedia nuova, un “inedito” quasi, che parla con frasi del vecchio Martoglio e ce lo restituisce rinnovato, attuale, insospettabilmente moderno, sempre marcatamente comico o fortemente tragico, ma nello stesso spazio in un tempo contiguo, davanti alla stessa porta.
Enzo Vetrano e Stefano Randisi


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