Mr. Halpern & Mr. Johnson
di Lionel Goldstein
con
Maurizio Marchetti
Antonio Alveario
traduzione e adattamento Francesco Calogero
regista collaboratore Laura Giacobbe
scene Mariella Bellantone
costumi Cinzia Preitano
luci Renzo Di Chio
visual artist Giovanni Bombaci
con la partecipazione di Tania Luhauskaya
foto di scena Giuseppe Contarini
grafica Valeria Trimboli
ufficio stampa Marta Cutugno
prodotto da Maurizio Puglisi per Nutrimenti Terrestri
regia Francesco Calogero
Libero adattamento della commedia drammatica inglese Mr. Halpern & Mr. Johnson, scritta nel 1983 come TV play da Lionel Goldstein, e adattata per il palcoscenico nel 1995. La versione definitiva è stata rappresentata nel 2004. Lo spettacolo è stato replicato con successo nei teatri di tutto il mondo, ma è inedito in Italia.
Sinossi
Due uomini non più giovani si incontrano per la prima volta al funerale di Maria Flora. David, un commerciante ebreo, era suo marito; Edoardo, un commercialista in pensione, era stato il suo primo amore, un sentimento sacrificato sull’altare delle convenzioni sociali: il padre di lei, un ebreo scampato ai lager nazisti, non accettava il matrimonio con un cattolico, per giunta di origini tedesche. I due uomini si rivedono in un parco pubblico al termine del periodo di lutto, e qui Edoardo sconvolge David, rivelandogli la stretta amicizia mantenuta per quarant’anni, sino alla morte, con Maria Flora (che lui si ostina a chiamare Flo, suscitando la stizza del marito), e i loro incontri segreti in un ristorante, quattro volte l’anno (“ai cambi di stagione” è la singolare espressione da lui adottata), nel corso dei quali si scambiavano opinioni su arte, politica e questioni familiari più intime, su cose che non potevano o non volevano discutere con i rispettivi coniugi. Flo, Maria Flora… si capisce che non è solo un diminutivo dello stesso nome, ma siamo in presenza di due personalità distinte. Con grande sorpresa e crescente rabbia, David si rende conto che la sua Maria Flora ha riservato a Edoardo una meravigliosa parte di
sé, di cui era totalmente all’oscuro. E poco alla volta s’intuisce come e perché tra l’impetuoso, pragmatico, premuroso David e il mite, idealista, colto Edoardo, Flo/Maria Flora non abbia mai veramente scelto. O meglio, li ha scelti entrambi, a rischio di compromettere la loro felicità. Man mano che i due uomini discutono, le acque sembrano ora intorbidirsi, ora calmarsi. Poi però David non resiste a rivelare qualcosa che mette un freno alla gentilezza di Edoardo…
Genesi dell’opera
È stato un segreto del suo commercialista a ispirare l’allora ventenne Lionel Goldstein nella scrittura di Mr. Halpern & Mr. Johnson. Dopo avergli raccontato della sua passata relazione con una ragazza non ebrea, accettata da suo padre, quell’uomo riservato, cattolico e molto più grande in età rispetto all’autore, gli rivelò il suo tormento per un amore del passato con una ragazza ebrea. Le famiglie li avevano costretti a troncare quel rapporto, ma lei di tanto in tanto veniva in città e i due si ritrovavano per pranzare insieme. Goldstein ha trattenuto quel ricordo per molti anni (“Non avevo bisogno di altro. Il resto è frutto della mia immaginazione”), sfociato nel 1983 nel copione del TV play Mr. Halpern & Mr. Johnson, prodotto dall’americana HBO per la regia di Alvin Rakoff, con protagonisti Laurence Olivier e Jackie Gleason. Solo nel 1995, al Cameri Theatre di Tel Aviv, prende vita lo spettacolo teatrale, liberamente basato sulla sceneggiatura del film, arricchita dall’autore, mentre la versione definitiva del testo risale al 2004, in occasione della prima americana al Coconut Grove Playhouse di Miami.
Nel corso degli anni la commedia è stata poi rappresentata in tutto il mondo, ma mai in Italia.
Note d’intenzione
Ci siamo mai chiesti se i nostri partner hanno giardini segreti da cui noi siamo esclusi? E noi, se li abbiamo, perché sentiamo l’esigenza di farlo? In altre parole, il tradimento avviene solo in presenza di una relazione fisica, o lo è altrettanto quando il rapporto sentimentale è platonico? Questo testo, scritto quarant’anni fa, mantiene la sua vivacità in questa esplorazione dell’identità, sfidando le nostre convinzioni sulle relazioni e analizzando l’idea di infedeltà emotiva proprio nell’epoca dei social media, laddove molte liaisons sbocciano e vengono coltivate in maniera dangereuse all’insaputa del partner. Quello che i due uomini scoprono man mano è che nessuno dei due conosceva davvero la donna amata: è come se la Flo di Edoardo e la Maria Flora di David fossero due persone diverse. La sensazione è che ognuno dei due, a suo modo e inconsapevolmente, l’abbia accompagnata nel disvelamento di sé, sulle tracce nascoste, ma in lei già presenti, di quel carattere che entrambi amavano. La sfida richiesta agli attori è quella di darle vita, facendo intravedere le loro reciproche qualità, che l’hanno attratta da giovane, e poi tenuto vivo il suo sentimento negli anni a seguire. Il suo essere arlésienne – come usano i francesi definire un personaggio al centro della trama, ma che non compare mai in scena – è in questo allestimento mitigato da ambivalenti apparizioni
filmate lungo un sentiero rettilineo, che attraversa le stagioni e conduce verso l’infinito (l’aldilà?). All’interno del parco è inedita anche la presenza della serra, qui suggerita sia da Flo/Maria Flora (Florence in originale), più volte descritta, nomen omen, come amante dei fiori, sia da quel “Now I find I’ve been in a glass cage”, pronunciato dal marito sconvolto dalla scoperta del segreto legame, e da noi rafforzato anche con la bizzarra indicazione del bambino. Intangibile, seppur qui innevata, è invece la cornice del cimitero, che apre
e chiude la storia. Vi si conclude (ma si conclude davvero?) la polemica amorosa tra due uomini che virano verso la vecchiaia, affrontata però con piglio giovanile. Quasi infantile è poi il gesto dell’iscrizione funebre, in cui la formale accettazione dell’altro non riesce a cancellare l’antagonismo tipico degli amici sinceri. Cosa resta dell’amore dopo la morte? Il duello offre continui ribaltamenti di ruolo: una volta firmata la tregua emotiva, impossibile determinare chi sia stato veramente fedele alla donna, e chi l’amava di più. Ma questo dà alla commedia il suo fascino, la sua freschezza e forse tutto il senso. Perché se è vano litigare, soprattutto a posteriori, per determinare chi è stato veramente amato, non lo è testimoniare in questo modo il potere rigenerativo dell’amore, e la sua capacità di accendere, oltre la morte, due cuori appassiti.
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Rassegna Stampa
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[…] Una storia che Francesco Calogero ha fatto sua, curando la traduzione in italiano che non esisteva, adattando il testo per la scena ed esordendo magnificamente nella regia teatrale, la sua prima volta, dopo aver diretto film cult come La gentilezza del toccoed altri e alcuni melodrammi come La cavalleria rusticana di Mascagni, le cui esperienze vengono qui sfoderate con alcuni stratagemmi di visual art che ritraggono ad un tratto la figura di Maria Flora al centro della scena, pure quella dell’ignota amante di David e in chiusura anche i due straordinari protagonisti Antonio Alveario e Maurizio Marchetti, nuovamente insieme dopo Lavori in corso di Claudio Fava, che si allontaneranno abbracciati, non prima d’aver opposto il nome di Edoardo sulla lapide di Maria Flora, scomparendo infine lungo quei vialetti alberati, tra le note della canzone di De Andrè Amore che vieni amore che vai fra gli applausi infiniti degli spettatori.
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